"Non sono mica scemo" ??

Questo articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.


Ti Press/Gabriele Putzu
«(...) sarebbe bene farci carico ognuno delle nostre scelte e del dovere di rispettare quelle degli altri. C'è chi alle, sei del mattino preferisce, dormire tranquillamente prima di affrontare la giornata lavorativa. C'è chi è già al lavoro.
C'è chi va per negozi a orari normali. Ma c'è anche chi è disposto a passare una notte piovosa davanti al Media Markt.
A tutti va riconosciuto il diritto di dire o pensare liberamente: 'Non sono mica scemo'».

Così scrive il codirettore del Corriere del Ticino Fabio Pontiggia nell'edizione di venerdì 25 ottobre a proposito di ciò che è accaduto il giovedì precedente ai centri commerciali di Grancia.

Forse non ci rendiamo conto delle conseguenze di questo pensiero portato all'estremo. Provo a darne un assaggio ricalcando lo stile dell'articolo:

«C'è chi si guadagna il pane lavorando sodo e facendo dei sacrifici,
c'è chi ruba e commette truffe per non dover lavorare.
C'è chi ama la propria famiglia e lo dimostra nei fatti,
c'è chi rientra a casa e picchia sistematicamente figli e coniuge.
C'è chi subisce un'ingiustizia e percorre le vie legali per la riparazione,
c'è chi pratica la giustizia sommaria come vendetta personale.
A tutti va riconosciuto il diritto di dire, fare e pensare liberamente 'Non sono mica scemo'».



Edvard Munch, Al capezzale
Io rabbrividisco per ciò che ho scritto. Ma mi sembra di aver applicato ad altri campi la stessa logica che Pontiggia esprime nel suo articolo. Qualcuno dirà che i casi da me elencati vanno contro la legge, mentre il caso del Media Markt no. Davvero non esistono comportamenti sociali da stigmatizzare? Davvero solo ciò che è permesso o vietato dalla legge può essere sottoposto a giudizio morale? La nostra ragione, prima ancora che le posizioni filosofiche o religiose, ci permette di affrontare con giudizio critico la realtà. L'episodio del centro commerciale di Grancia è davvero così neutro da non ammettere giudizi di valore? La corsa sfrenata ai primi posti, il desiderio di primeggiare a scapito degli altri, ore e ore investite nell'attesa di feticci,... Nell'antichità si vegliava per la protezione del villaggio e della città, si è sempre vegliato al capezzale dei moribondi, si veglia in ambiente religioso,... oggi si veglia anche, e forse soprattutto, per un telefonino o un televisore. Legittimo, certo. Ma davvero il cambiamento è indifferente?


Lettera inviata a "il giornale del popolo"e "il corriere del ticino" sabato 26 ottobre 2013,
pubblicata su "il giornale del popolo" lunedì 28 ottobre 2013 e su "il corriere del ticino" giovedì 31 ottobre 2013.


Aggiornamento 31 ottobre 2013:
La risposta di Fabio Pontiggia:
Eh no, egregio don Notari. La sua operazione, quella sì, è immorale: lasciar intendere che tra la mia argomentazione sui fatti di Grancia e la sua assurda simulazione sui delitti e crimini ci sia una logica comune. C'è invece una differenza abissale, almeno per chi ragiona in termini di Stato di diritto e non in termini di Stato etico. In uno Stato di diritto la barriera invalicabile è la legge. Questa barriera non può in alcun caso essere bagatellizzata come lei fa. Poi ognuno è libero di giudicare i comportamenti delle persone in base ai suoi criteri morali, ma non può certo pretendere di imporre questi ultimi agli altri, a tutti, come se fossero legge dello Stato. Solo gli Stati totalitari hanno questa pretesa. Nella nostra società, nel nostro Stato liberaldemocratico, la libertà, esercitata nei limiti delle leggi, è invece intangibile.


Aggiornamento 5 novembre 2013:
Riduzionismo giuridico
Di Enrico Morresi
Eh no, caro Pontiggia! Il giovane don Notari ha ragione: il raduno notturno di Noranco è riprensibile anche se non è sanzionabile dal diritto positivo, cioè da una legge scritta. Se l'unica possibi­lità di valutazione delle azioni umane è la legge scritta, quanto va perduto di umanità? Ti sottopongo il ragionamento che fa la collega Nina Streeck della «NZZ am Sonntag» di domenica 27 ottobre: sarà - scrive - che la prostituzione è legale, ma fin che nessuna madre al mondo sarà felice di dire a sua figlia quattordi­cenne, che le confida di voler far carrie­ra come prostituta: «Cara, come sono felice! Hai scelto bene!», fin che nessu­na madre al mondo sarà felice di dire questo, si dovrà ammettere che il positi­vismo giuridico non è la sola istanza di giudizio. E dunque anche quel che la legge - diciamo così - tollera non è ne­cessariamente un bene. Compresi i ra­duni consumistici di Noranco.

La risposta di Fabio Pontiggia
Caro Morresi, su questo non c'è dub­bio: tutte le azioni umane, anche quelle legali, sono giudicabili in base alle categorie del bene e del male. Quel che invece non va - ed è questo che avevo scritto in risposta alla lette­ra di don Notari - è mettere sullo stesso piano un comportamento lega­le (il raduno notturno a Grancia) e comportamenti illegali (quelli elenca­ti da don Notari: rubare, truffare, pic­chiare figli e coniuge, fare giustizia sommaria). C'è una differenza abis­sale. È la differenza data dalle regole dello Stato di diritto. Relativizzare o annullare questa differenza e attribu­ire arbitrariamente ad altri - il sotto­scritto - questo relativismo è davvero immorale.


Concludo nella speranza di mettere un punto:
Concordo sia con l'intervento di Enrico Morresi che con il contenuto (meno nella forma: non mi sento affatto un totalitarista...) della risposta di Pontiggia del 31 ottobre, ancora meglio precisato oggi.
Terrei però a precisare che nell'articolo di Pontiggia del 25 ottobre questa "barriera invalicabile" della legge non era per nulla chiara anche se sicuramente sottointesa.



Aggiornamento 5 novembre 2013, 11.00:
dalle 11.10 se ne parla a MILLEVOCI della RSI.


Aggiornamento 9 novembre 2013:
Ricevo con piacevole sorpresa via posta e pubblico con il permesso del mittente:

Gentile don Marco Notari,
con ritardo, ho letto la sua lettera alla redazione del Corriere del Ticino, apparsa il 31 ottobre, a proposito dei fatti del Media Market, e la replica di Fabio Pontiggia. Le voglio esprimere la mia so­lidarietà. Anche da difensore dello stato laico di diritto, quale io sono, e da agnostico, non posso accettare posizioni che escludano di principio una dimensione etica dello stesso, nei suoi capisaldi condivisi e condivisibili da tutti i cittadini. So­prattutto da quelli - spero siano la maggioranza ­- che non si augurano una società regolata semplice­mente dal mercato e dalle sue leggi, così come il liberismo aggressivo dominante vorrebbe imporre. Del resto, sempre per richiamarsi alle tesi care al Pontiggia, più che il totalitarismo degli stati che hanno preteso di unire al diritto i criteri mo­rali, io credo sia da temere il totalitarismo del mercato, nel nome del quale si riduce una società ad ancella del più bieco consumismo, del business, e le persone a oggetti dello stesso. Naturalmente, in nome di un concetto astratto di libertà funzionale alla consegna. Avessi letto per tempo l'intervento sul Corriere avrei inviato queste righe al giornale. Ho visto comunque che altri, sia pure per aspetti diversi, l'hanno fatto.
Con un saluto cordiale.

Claudio Nembrini

Manno, 8 novembre 2013



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